Appunti della Goetia
- E venne il principe Bael, e io mi sottomisi e fece di me il crostaceo più ricco e brillante del regno; il prezzo che pagai è innominabile.
- Poi venne il Presidente Malphas, in stizzosa guisa di corvo: liquefece ogni bastione dei miei nemici, ma mi costò estenuanti sodomie.
- Mi svegliai tra le braccia del Duca Barbatos, che sussurrava oscenità al mio prezioso ibis. Il dialogo era tedioso; ma lo tollerai, perchè grandi madreperle e acquamarine mi erano state certamente promesse.
- Trovai poi nella mia stanza il Principe Vassago, che predisse di fronte a tutti la data della mia morte; per nulla sorpreso nè emozionato, baciai il suo anello e lo accompagnai.
- Mi presentarono il Marchese Naberius, in forma di decrepito volatile nero, enfio d'urina e fetido: me ne innamorai immediatamente, fui deliziato di depravarmi per lui.
- Un asino nano e ulceroso era il Marchese Samigina. Gli montai a cavallo e chiesi notizie dell'anima di mio fratello, che io stesso annegai: insieme ne ridemmo e ragliammo, e poi mi sfinì.
- Niente fu più abietto dell'alcova del Principe Sitri, che finalmente umiliò la mia megera madre: ma esigette una sottomissione così indegna che perfino io tremo ancora.
- "Ti è piaciuto?" No, non mi è piaciuto affatto, Duca Agares: ma tra le natiche del tuo coccodrillo ho trovato un prezioso, e grazie a te i miei rivali ora si rotolano ebeti nella loro vergogna.
- Il Presidente Buer, con mano rugosa, mi confutò inoppugnabilmente tutti i teoremi di Euclide. Non lo seguii: ero occupato a inebriarmi del suo antico fetore.
- Mi fu consegnata la vulva perfetta, la vulva d'ogni profumo che schiude tutto l'Oriente: ma la ospitava un groviglio di ragni e decomposizioni. Tale era il dono del Duca Vual, sulla sua gobba di dromedario egizio.
- Passai la sera col Marchese Ronové, che si presentò paludato dei più sontuosi velluti cardinalizi. Non disse nulla tutto il tempo: si limitò a spurgare senza interruzione.
- Quando il Duca Furfur aprì le cosce, non vi trovai membro d'uomo nè conno di donna, ma solo un altro sfintere escrementizio. Abusai di entrambi, e lui mi insegnò tutti i libri.
- Mangiai pagine del Vangelo su di un letto di mammelle. Me le imboccava il Principe Orobas, soddisfatto di una mia abiezione indescrivibile, che qui non mi è concesso narrare.
- Più inusitato di tutti fu il dono del Presidente Valac: un serpente senza nè testa nè coda, ma circolare, in forma di anello. Toccandomi, mi suggerì i nomi di chi strangolare.
- In una latrina segreta, il Marchese Andrealphus sfoggiò la sua ruota di pavone. Le piume erano così meravigliose e sgargianti che la mia vista a stento le sosteneva: di pari intensità era il lezzo che emanavano. Lo sfinii.
- Una fellatrice col viso di mia madre e il corpo di pidocchio: dovetti vomitare, tanto era rivoltante la guisa del Re Belial. Ma una volta che finì il suo abuso, fui lieto di vedere il suo esercito che sgozzava in mio nome.
- Fu il Duca Flaurios a spiegarmi quanto sozza fosse la creazione del cosmo, quanto meschino lo scopo dell'Universo: accarezzando il suo vello leopardato ricevetti in dono la pelle della serpe di Eva.
- Applausi salutarono la macchina di tortura, creazione del Duca Vapula: l'ingranaggio d'oro tempestato di pietre stava già maciullando il ventre di una mia figlia. Dalla soddisfazione quasi ignorai la feroce sodomia che mi sfondava.
- Due servi in forma di bianca rana recarono il trono del Presidente Amy, catafalco di sterco e monete d'argento. Il Presidente stesso era ritroso: nell'altro salone, strillava e malediceva per il privilegio perduto.
- Al banchetto del Presidente Häagenti, v'erano ostie e calice di vino consacrato. Egli mutò le prime in vermi e il secondo in spurgo, e tutti ce ne saziammo e sporcammo i corpi.
- Entrò poi in pompa magna la stupidissima upupa: per un giorno e una notte l'adorammo come divinità, per un giorno e una notte donammo allo starnazzante uccello imperi e tesori, e per sua gloria calpestammo mille volte l'ostia consacrata. Tale era l'idolatria a cui ci incitava il Conte Halphas.
- Giocai a scacchi sul ventre gonfio del Presidente Foras, che a ogni vittoria mi bagnava di sozzure: m'insegnò la dottrina che giustificava il parricidio, e che bello è tradire chi ti è devoto.
- Il teschio di un asino sbavava sulla mia faccia: svegliandomi di soprassalto, vidi che si trattava del dolce Duca Valefar, carico di bottino.
- Dodici feudi mi giurarono fedeltà, dopo che il Marchese Amon piegò appena il suo mignolo. Dovetti poi intrufolarmi con lui in un altissimo pozzo, e il pozzo era un brulicare di membri colmi dei più turpi mali venerei. Ci deliziammo.
- Ho dovuto sacrificare il mio figlio più grande al piede fetido e imbellettato del Re Paimon; ho dovuto venerare il tallone che stritolava il suo teschio. Ne valse la pena, poichè mi mormorò come tramutare ogni peste in oro.
- Trovai sul baldacchino una giraffa nuda, il cui membro era gonfio e lurido. Immediatamente me ne innamorai: era un dono del Duca Gusion, che mi ricompensava della mia sottomissione.
- In alta uniforme, facemmo un incendio del libro dei Salmi, ricopiati su pelle umana. Marciammo severi sotto una pioggia di ghiaccio bagnato. Condannammo al rogo e all'impalagione dozzine di benefattori. Immobili, spendemmo ore di guardia al ponte del Palazzo. Era la nostra servitù al Re Asmodeo, che ci guidava come stolidi burattini.
- Restai a lungo gonfio del pasto offerto dal Presidente Gäap: una bambina bollita viva, ornata di maionesi, lapislazzuli e papaveri, che applaudimmo e divorammo bestialmente. Solo dopo mi concesse di fellarlo, mentre gli occhi dell'infante ci fissavano ancora.
- Dall'alba al tramonto, il Marchese Marchosias blaterava incoerenti blasfemie, facendo scoppiare le pustole vaiolose. Leccandole, sapevano di miele e di donna; ne raccolsi il succo in una giara.
- La pompa del Principe Stolas era quella d'un elegantissimo gufo: ma la sua testa di piume non aveva volto, il suo lezzo era intollerabile.