Artairi

Temi proposti

  • confronto tra i sistemi di ricerca (non solo università) in Italia e all'estero, con particolare attenzione alle prospettive di carriera per i ricercatori.
  • pari opportunità e discriminazioni (di genere e non solo) nella società e nella ricerca.
  • societa´ della conoscenza/economia della conoscenza
  • L´impostazione di diverse nazioni/ entita´ sovranazionali nel cercare di dare il meglio I casi virtuosi di integrazione universita´/ industria. - Il riconoscimento/non riconoscimento del ruolo dei ricercatori in questo contesto
  • Il caso italiano in parallelo ad altre nazioni che stanno fallendo nella ricerca in particolare considerando la mancanza di ricerca applicata e le scarse prospettive di carriera nella ricerca.
  • tensione che c'è tra la quantità e la qualità delle università in un paese.

Issues di forma

  • lunghezza post: 8000 caratteri si/no
  • post generale / post specifici

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Estratti dalla discussione

CB: "Se nn ho capito male il tema è un confronto tra i sistemi di ricerca (non solo università) in Italia e all'estero, con particolare attenzione alle prospettive di carriera per i ricercatori."

MS "Ci sono alcune cose, a mio modo di vedere, che sarebbe ideale ravanare: - Statistiche sulle carriere nella ricerca in Italia: progressione accademica, tipi di carriere fuori dall'accademia, tempi, stipendi etc. - Analoghe statistiche su tali carriere nel resto del mondo - Statistiche di brain drain"

GVW "Direi che non dobbiamo stare per forza concentrati sul confronto Italia/Estero, gli darei un taglio piu´ ampio. Piu´ che altro c´e´ da decidere quanto vogliamo parlare della struttura dei sistemi di ricerca (grant etc...) e quanto focalizzarci sulla carriera dei ricercatori."

CP "ma sono sensibile al tema delle pari opportunità e discriminazioni (di genere e non solo) nella società e nella ricerca. Mi piacerebbe contribuire al vsotro lavoro introducendo questo"

GVW "mmm.... a me l´idea del confronto tout court non piace. Intendo va bene parlare di estero ed Italia, pero´ dobbiamo stare attenti a non finire con l´ennesimo elenco di grafici che tutti hanno visto o con le lamentazioni sterili di chi guadagna di piu´ o chi di meno.

La cosa del confronto e´ una semplificazione di L.C. della conversazione che abbiamo avuto. Butto li´ un paio di idee da mie letture precedenti su come mi piacerebbe impostare il "paper", il "confronto" c´e´ dentro ma in un contesto piu´ ampio.

1) Fornire un framework teorico i.e. societa´ della conoscenza/economia della conoscenza (i.e. la ricchezza oggi sta piu´ negli skills che nei mezzi di produzione), ovviamente altri framework sono altrettanto interessanti, ne possiamo parlare se vi va. Il libretto che vi dicevo di un sociologo di trento (giuro che stasera lo cerco, ho un pdf) e´ un buon punto di partenza ma ovviamente si deve approfondire, qui magari claudio e simona possono metterci del loro? Tra parentesi, Fausto, tu di cosa ti occupi?

2) L´impostazione di diverse nazioni/ entita´ sovranazionali nel cercare di dare il meglio nel contesto (1), agenda di lisbona della UE e provvedimenti politici atti a stimolare la ricerca. 2a) I casi virtuosi di integrazione universita´/ industria. 2b) Il riconoscimento/non riconoscimento del ruolo dei ricercatori in questo contesto (qui come sottoparte possiamo accennare alla condizione delle donne ricercatori, che sono d´accordo andrebbe approfondito per se´ stesso ma che secondo me ha senso iniziare a citare). 2c) Brain drain/Brain gain/Brain Circulation, la mobilita´ dei ricercatori come fenomeno naturale e positivo e la capacita´ di alcune nazioni di attrarli (e la capacita´ di altre di perderli ).

3) Il caso italiano in parallelo ad altre nazioni che stanno fallendo nella ricerca in particolare considerando la mancanza di ricerca applicata e le scarse prospettive di carriera nella ricerca."

la ragione per cui mi piacerebbe impostarlo cosi´ e´ che mettendo il fenomeno del brain drain e quello della poca attenzione alla ricerca in un contesto piu´ ampio otteniamo che: 1) E´ chiaro che la ricerca serve e non stiamo solo "sindacalmente" difendendo i nostri interessi ma quelli del nostro paese. 2) E´ chiaro che noi accettiamo la mobilita´ dei ricercatori come dato positivo per cui ogni critica al fatto che ci stiamo lamentando della nostra vita difficile viene eliminata a priori.

Per cui in questo modo ogni critica al sistema che potremmo fare diventa piu´ solida ed evita le osservazioni assai discutibili di alcune delle persone che discutevano con me e massimo (almeno spero)."


MS: "il framework che hai prospettato è bellissimo ma sembra più adatto a un libro di 150 pagine che a un articolo. Nello specifico: siamo in grado di fornire un framework teorico?

Un articolo, specie online, dev'essere una cosa breve, che dica una cosa e la dica chiaramente. Altrimenti si entra in tl;dr territory. Semmai facciamo una serie di articoli su vari punti."

CP: "Concordo che il progetto di Gabriele sia un po' ambizioso, ma focalizzandoci bene sugli obiettivi la struttura tiene ed è coerente. ed evita di cadere nei soliti luoghi comuni sul povero italiano ricercatore rinnegato dalla madre patria. nello specifico sul framework teorico mi convince ( i.e. societa´ della conoscenza/economia della conoscenza) e da sociologa posso sicuramente dare un contributo, tempo fa ho già scritto delle cose in merito, anche se riguardava l'istruzione media superiore. per quanto riguarda il genere, a volte basta inserire l'informazione disaggregata per genere per dar conto della questione e renderla visibile, accennandola pur senza aprire un approfondimento"

MS: "spezziamo. Facciamo una *serie* di post, all'interno di questo framework."

MS/GVW: [discussione su: facciamo un post generale che tocca più punti vs facciamo una serie di post]

Limite di 8000 caratteri : https://www.facebook.com/groups/AIRInformagruppo/files/#!/groups/AIRInformagruppo/449959995119876/

GB: "Da economista, tra l'altro mi occupo degli effetti (aggregati) dell'innovazione sulla crescita economica e occupazione, mi preoccupa parlare di "societa´ della conoscenza/economia della conoscenza" come avete proposto voi.

Se il focus è gli effetti della ricerca sull'economia, temo che nessuno di noi - me incluso - abbia le competenze per farlo. Conosco quella letterature ma mi occupo piuttosto di innovazione ambientale e non di ricerca base (università, per intenderci). Ne ho lette di chiacchiere su internet, post improvvisati, e temo che un articolo serio richieda conoscenze più approfondite."

GVW: "Io dico solo che mi piacerebbe partire con un primo lavoro che ha il concetto:

Fare soldi oggi richiede conoscenza. La conoscenza richiede mobilita´. L´Italia favorisce la mobilita´.... ma solo in uscita.

Dopo di che una volta che abbiamo detto questo in 8 righe possiamo pure scrivere un lavoro solo sulla economia della conoscenza e dedicarci al seguito (legato o no) un´altra volta. Pero´ mi piacerebbe che si sentisse una "tesi" nell´articolo, tu sei d´accordo su questo?"

CB: "Gabriele, potrei aggiungere alle tue tre righe. Fare soldi richiede la conoscenza di chi? di cosa? Educazione di massa o alta ricerca? R&D privata o pubblica? E poi: chi ci fa i soldi? Imprese, grandi o piccole? I cittadini? lo stato? È sufficiente la conoscenza a competere con l'estero? La "ricchezza" generata da quella conoscenza crea anche occupazione? Se i brevetti vengono dall'estero e le imprese usano solo le skills dei lavoratori in Italia, non c'è ricerca italiana ma i posti di lavoro ben pagati vengono creati lo stesso. E mi sono solo fermato alla prima riga delle tre!"

CB: "Mi ha sempre incuriosito la tensione che c'è tra la quantità e la qualità delle università in un paese. Ci sono diverse ragioni per avere molte università e riuscire a coprire il territorio ed i motivi vanno dagli spillovers con le imprese locali alla semplice necessità di far laureare masse di giovani. Ci sono però altrettante ragioni per averne poche ma buone. I ricercatori farebbero gruppo più facilmente, i soldi verrebbero concentrati su meno progetti ma di più alta qualità e gli studenti potrebbero beneficiare di professori più qualificati. Tra queste due esigenze ci sta la storia delle carriere, schiacciate tra quantità e qualità di cattedre. Sarebbe interessante analizzare come all'estero riescono a conciliare tutto questo."