Poesie
Cascadilla Gorge, Ithaca
ce l'avevi sotto le unghie
quattrocento milioni di anni
di vite frivole, belle come le nostre,
tropicali come i baci sull'inguine;
ora forme per ragazzini invece,
ora incanti spiccioli sotto l'acqua d'inverno.
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sei stata l'illuminazione
elettrica, ma falsata:
una dinamo rugginosa da mettere a posto.
con i nodi alle dita ci provo,
ma tu mi tocchi:
delique lo stagno,
scivola la saldatura,
rinuncio alla resistenza
e subisco tutto l'arco.
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ti ho vista nell'infrarosso lontano:
epilettica quasar oggi
dolce fascismo l'indomani.
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gli sterni che ho fracassato
li colleziono ancora, tenuti
in equilibrio tra le frese
e gli altri strumenti di lavoro:
là sul poggio mi insegnano sempre
qualche cosa, squillando dalla capanna
aperta, al sole su colline
che non sono liguri.
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gesti sconclusionati invece degli scacchi,
denti grigi invece dei baci,
un posacenere anni sessanta ti parassita
scaffali di libri che non capisci.
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concava brina non mi spezzi il cuore,
tutta la fibra di gennaio
sta dalla mia parte.
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una lastra bieca sul da farsi,
un quaderno di giustificazioni:
alzarsi e non capire,
neanche sapere se c'è l'alba,
non chiedersi più se l'acqua di questo
bagno così vecchia
una volta è stata in un mare.
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il tuo è un amore staminale,
bianco e umile come l'olio
servile, bagno e sapone
negli ingranaggi puliti.
è un guanto con cui non tocchi le ferite,
ma le estingui: croce rossa
australe sulla tua fronte immensa,
o infermiera della fine del tempo.
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ti alzi con me alle quattro
del mattino, mi respiri
dentro e sei una baia
immensa. chiedo il permesso
di gettare il seme, signora
dell'incendiatissima trinità.
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m'interessa forse esserti sposo?
m'interessa forse starti dentro?
m'interessa qualcosa che non sia
questo pomo d'adamo fuori posto,
granchio morto di brama,
assurdo coso,
arredo falso di fine settecento?
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canzoni che non ho mai sentito
da un disco dei miei genitori.
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hai l'odore delle vergini,
di latte e oche e pagine
lette nei mesi estivi;
lo tieni stretto mentre
passi da un tè al seguente,
te lo conservi attraverso gli anni
l'odore di vasca metallica e vuota
il grembo da cui non esci mai.
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davanti al muso tagliato del treno
che andrà a parigi e si stanca già ad aquisgrana
cedo pensando: lui vedrà una strada,
una corsa di lampioni che non conosco,
non oggi, non con queste due ragazze
che mi mostrano le caviglie,
entrambe ignote
entrambe qui.
e mentre vorrei fondere,
tingere il metallo dossile della locomotiva,
non c'è più cielo ma solo lo squarcio delle notti
che attendono tutti loro
e nessuno di me:
poi riparte e coagula.
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oh quando mi alzo e incespico sul mare,
oh luce lunare degli echinodermi...
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c'è poco da fare: le soglie
sono utili, sono pane per chi ha
troppi denti, addestrano bene,
ora che c'è qsempre questa notte chiara,
istupidita dai fari sulle macerie,
da lune eterne di alluminio.
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gloria dei messaggi non
mandati, terracotte del buon
ricordo andate, gloria dei
baci non consegnati,
funzione d'onda nascosta,
germe sopito sotto gli abiti
di ediacara.
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calcola l'area di diamante
del primo sguardo che mi hai mandato:
vedrai che non la trovi,
copre ancora la ferrovia,
il cosmo, il mio letto.
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per non essere il cefalopode
che spinge i suoi figli
sapendo che moriranno
io non faccio niente: e non ho
figli.
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