Mario Piutz

Mario Piutz (Pola, 1939) si era trasferito da poco a Pistoia e già andava verso la cinquantina quando iniziò a vedere il Cristo. La prima volta fu al bar della Paola mentre pagava un caffè e un camparino: se lo trovò piantato accanto, barba capellacci stimmate e tutto, un ragazzone sporco e trasandato che sorrideva senza dire una parola. Lo riconobbe, si guardarono, lui si alzò stiracchiando le braccia magre, tutto qui.

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Non era una compagnia piacevole -il Cristo sospendeva nell'aria un indefinibile odore di dolciastro e speziato, il sangue delle stimmate era crostoso e francamente sgradevole da guardare- pure da quel giorno era inevitabile trovarselo attorno. Nessuno lo vedeva oltre a lui. O meglio, pareva lo vedessero ma lo ignoravano, come se fosse un elemento ovvio, uno sfondo. Quando compariva al biliardo, oppure al circolo della parrocchia, gli altri ci giravano attorno, non si sedevano dove si sedeva, ma per il resto come non ci fosse. Per Mario Piutz invece c'era, c'era eccome, e voleva strappargli una parola, sciogliergli dalla lingua una benedizione -macchè. Lui sorrideva, mostrando dei dentoni sorprendentemente bianchi che facevano a pugni con quei pantalonacci sdruciti e sporchi di calce e la camiciona di sacco macchiata di sangue sul fianco. Ma non diceva una parola.

Il signor Piutz dopo un po' ci fece sempre meno caso. Era una seccatura, trovarselo accanto mentre si faceva la spesa, o aprire la porta del bagno e trovarlo lì, fermo in piedi dentro la vasca, come se fosse la cosa più normale del mondo. Al biliardo c'era quasi sempre -stava seduto un po' in disparte, distraendosi le mani con una palla. Sotto la pioggia si bagnava come gli altri, e sapeva di cane bagnato; l'acqua che gli scorreva dai capelli era grigia. Se Piutz prendeva l'autobus, Cristo sarebbe stato già seduto alla fermata: se Piutz saliva, Cristo non lo seguiva, ma poi l'avrebbe ritrovato direttamente a bordo, guardacaso accanto all'unico posto libero. A volte, per fortuna non spessissimo, rimaneva con lui la notte: stava in piedi accanto al comodino, o seduto ai piedi del letto. In fila alla posta o al banco del mercato Cristo gli stava sempre appiccicato, e l'afrore di erbe, olii e marciume che emanava era di disgusto al signor Piutz. Pure provare a spostarlo era impossibile, a spingerlo rimaneva fermo al suo posto come fosse avvitato nel pavimento, e se gli gridava contro era come gridare agli alberi (senza contare il caos che ne sarebbe seguito -urlare al Cristo, impensabile). Sarebbe sparito quando sarebbe sparito e sarebbe tornato qualche ora dopo.

Cristo era lì anche pochi giorni fa, quando il signor Piutz andò dal medico per una tossaccia nuova, nera e cattiva, ed era lì, seduto accanto al ficus, quando il medico gli fece vedere sulla radiografia il cancro che gli cresceva in petto. Il signor Piutz, prossimo a tremare, si voltò di scatto e guardò Cristo negli occhi, di proposito. Dopo anni si rivolgeva di nuovo direttamente a Lui -ecco, ecco, era per questo momento che era apparso nella sua vita! Allora Cristo, con gli occhi che brillavano, per l'unica volta aprì lento la bocca, e fece un verso acuto e sibilante, come il soffiare di un gatto o il frinire di un insetto -poi niente, e continuò a sorridere senza sbattere le palpebre.