Johann Sebastian Bongartz
Johann Sebastian Bongartz, detto anche Il Santo degli Animalcoli (1651-1717): credette che il mondo microscopico fosse l'Inferno. Noto per il suo farfugliare (veniva regolarmente irriso dal giovane Leibniz, piu` anziano di lui di cinque anni), il giovane Johann legge quel che puo`: e quel che puo` sono quasi soltanto pesantissime Bibbie, adoperate dalla madre -manesca e isterica- per ornare il negozio. Quando la madre muore, Johann e` un commerciante ventiseienne, onesto, laborioso e opaco, intriso del timore di Dio.
Mesi dopo, per inseguire -invano- una giovane cugina di Görlitz, organizza un viaggio in Olanda e si trova a Delft. Li` acquista uno dei microscopi di Leeuwenhoek senza mai incontrarlo, tramite un intermediario, a prezzi chiaramente truffaldini. Nei mesi seguenti e` rapito dall'osservazione acqua di pozza primaverile: non unico, resta esterrefatto dal rutilare di esseri che vi vivono e muoiono. Preleva acque stagnanti da diverse localita` e ne coltiva il brulichio animale. Prende appunti, vergati sul retro dei libri contabili.
Si ritira in campagna nel 1700, vendendo sottocosto l'attivita` commerciale, portandosi dietro volumi di appunti e le sue trentasei bibbie. A Lipsia Bongartz aveva compreso che le miriadi di creature che brulicavano e si divoravano reciprocamente sotto il suo microscopio altro non erano che le incarnate anime dei dannati; necessitava tutto se` stesso, ora, per compilare le precisissime tavole tassonomiche ove corrispondevano specie animale e peccato mortale. Le specie dei rotiferi erano principalmente anime di avari e golosi, costretti a ingurgitare in eterno; le amebe erano i tracotanti, ridotti all'ultimo stadio della vita animale; i nematodi, con i loro spasmi meccanici e disperati, non potevano che essere i lussuriosi o i suicidi, a seconda della specie. Le diatomee comprendevano i blasfemi contro Dio. Le larve degli insetti rappresentavano un ventaglio incalcolabile di peccati, dei quali lui stesso ammise che pote` classificare solo i piu` salienti.
Nel 1703, semicieco, detta l'opera Auf die Seelen der Hölle leidenden ungesehen unter unseren Augen ("Sulle Anime dell'Inferno che soffrono invisibili sotto i nostri occhi"). La fa stampare in 1000 copie: il giorno stesso in cui escono dalla stamperia, si dirige a Leipzig e inizia la sua predicazione. Diventera` celebre per gli occhi vitrei e l'eloquio confuso, stridulo ma stranamente altisonante. Illustra nelle piazze -con larghe tavole che egli compose ma che non poteva piu` vedere- le varie reincarnazioni microscopiche delle anime. Convinse non pochi discepoli che ogni pozzanghera dopo la pioggia era un nuovo girone infernale, e che l'insieme delle pozze e degli stagni era una metafora del Diluvio (Alcuni discepoli postularono che il plancton marino contenesse effettivamente, invece, tutte le anime dei defunti durante il Diluvio stesso). Sperimento` la coltura dei protozoi nell'acqua santa e a seconda del risultato dedusse la santita` o meno del consacratore: se morivano, voleva dire che le loro anime erano liberate, se invece proliferavano era segno che l'acqua, lungi dall'essere santa, era contaminata dal Maligno.
Bongartz mori` in poverta`; lo trovarono su un sentiero, il corpo color degli anfibi, gli occhi gia` beccati. Ci rimangono i suoi volumi di tavole composte in due anni febbrili; al centro di uno di questi v'e` il disegno di una larva mostruosa, infernale, ctonia, e sotto la didascalia: "io".
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